10 settembre 2006

NOTTE BIANCA. Il furbo Veltroni e la folla che "fa spettacolo", impedendolo

Il grande bluff, la spettacolare presa in giro della "Notte Bianca" di Roma, ormai assurta a grande business miliardario, è un esempio da manuale di quell'arte della mistificazione che è la politica degli eventi propagandistici. Ma è anche una metafora della politica pura, cioè pura strategia del consenso popolare: il far vedere e l'apparire, invece del fare.
Peggio, molto peggio, del "panem et circenses". Almeno nel Colosseo, al tempo dei Romani, gli spettatori non erano folla, ma singoli individui, regolarmente e individualmente seduti, addirittura colloquianti col Potere. E oltre al "panem" vero da mettere sotto i denti (crustula al miele, fichi secchi, semi di zucca, pesci fritti, panis-perna o pane e prosciutto, lucanica o wurstel, cioè il fast food d'allora) anche lo spettacolo era reale, perfino partecipato, con tanto di "call and response" (e il definitivo pollice verso o alzato dell'imperatore). Ma nelle Notti Bianche dell'imperatore Veltroni, 2000 anni dopo, ammettiamolo, è bianco, cioè vuoto, anche lo schermo.
Ma come - direte - vuoi proprio fare lo Sgarbi di Roma. L'agenda della Notte Bianca dell'8-9 settembre era perfino troppo piena: centinaia di "spettacoli", "eventi", "concerti", "mostre", "installazioni", "visite guidate". Altro che non-fare, il sindaco di Roma ha fatto fin troppo. E tu, anziché ringraziare... Si vede che sei un anti-veltroniano per partito preso. E dire che Veltroni piace a tutti, alla Sinistra e alla Destra.
Ma sì, amici, Veltroni mi è simpatico, anche perché non dice mai nulla di sgradevole, orecchia un po' di jazz, ed era (ma lo è ancora?) un fan della Juventus. Ma come tutti i politici senza grande personalità, è un furbo di tre cotte.
Che ha fatto? Pensateci bene: non ha fatto nulla, proprio nulla. Solo programmi di carta stampata (pessima grafica, tra l'altro). Tutto era virtuale, potenziale, eventuale, casuale. Inesistente o, peggio, come se fosse inesistente. Solo la costruzione del consenso era reale.
La megalomania ha voluto, preteso come protagonista unico, la folla. Non un pubblico di persone, ma la massa indistinta e caotica, richiamata con ogni mezzo da tutt'Italia, appunto perché si comportasse da folla: ottusa, volgare, becera, insensata, irrazionale. Una folla di giovinastri e di vecchi mal invecchiati (è deprimente vedere bianche chiome poco saggiamente ondeggiare ritmando una canzone di Ivano Fossati a villa Borghese), di brutta gente di ogni età (brutta fuori e dentro, of course, forse perché dormono poco), una populace nevrotica che ostacola, rafforza, contraddice se stessa.
Una plebe così abnorme, talmente riottosa, confusionaria e patologica, da "fare spettacolo" di per sè, come un cast di comparse da film sulla Suburra, di quelli un po' cafoni in cui il centurione romano mostra l'orologio al polso. Una folla che facendo spettacolo impedisce così ogni altro, vero spettacolo.
Gli eventi in programma? Vischio per allodole e fringuelli, offa per i cani ottusi e ringhiosi della stampa asservita (quasi tutta), raggiro per i tanti Bertoldi, truffa per i gonzi elettori. Tutto era in realtà virtuale.
Quando non era moltitudine semovente e in tmulto, era una fila chilometrica immobile e tetra dappertutto: chi può onestamente sostenere di aver assistito, tanto da udire e capire o vedere qualcosa, a più d'uno tra le centinaia di eventi?
Ma sì, era giusto così, perché dopotutto l'unico evento vivo, fotografabile - ripeto, e ho centomila prove - era la folla stessa. Che infatti, incurante dell'opuscolo ineffabile, gigioneggiava, ripiegava, indugiava su se stessa, non si stancava mai di essere folla (che so, magari suddividendosi in rivoli e poi ancor più giù, giù per li rami, in gruppetti di amici e poi in coppie o singoli, da indirizzare a quello o a quest'evento).
Macché, sempre folla restava. Perché folla voleva restare. E da folla, cioè da un lontanissimo e irreale "altrove", che poi era il vero palco, la scena principale, avrà forse gettato qualche volta uno sguardo a questo o quell'attore virtuale, come Gigi Proietti (in realtà, a quel punto, era lui, a parti invertite, l'unico vero, privilegiato spettatore della folla...) previsto dal programma.
E da lontano, tra rumori e sommovimenti d'una plebaglia di figuranti borgatari di Cinecittà, tra olezzi naturali e cattivi deodoranti, profumi di pizza di cipolle e di dolciastro Chanel di vecchie grinzose (quante vecchie e quante grinze nella Notte Bianca, ahimé troppo illuminata), le ragazze bellocce accorse da Firenze o Napoli, Isernia o Viterbo, storcevano il collo per vedere l'invisibile. Non sapevano che erano le uniche, non pagate ma paganti, interpreti co-co-co della performance, roba ormai da interessare l'Ispettorato del Lavoro come "lavoro atipico" se non addirittura sfruttamento di lavoro minorile. E scappavano, scappavano, come voleva il copione crudele per tramandare ai posteri l'imperitura Gloria Veltroniana, da una parte e dall'altra. Senza mai fermarsi. Un movimento di masse degno di Cecil. B. De Mille. Anche volendo, del resto, non avrebbero potuto fermarsi a "guardare" un evento esterno, tutte prese dal proprio stesso evento. Sarebbe stata una contraddizione insopportabile. Erano lì solo per partecipare. Anzi, per esserci, e basta.
Perciò l'imperatore Claudio Nerone borbotta soddisfatto nel suo sonno eterno: l'allievo Veltroni, è vero, non ha ancora abbattuto il Colosseo (però l'ha venduto più volte), né ha ancora incendiato Roma (anche se, in fondo, una "Notte Bianca" ne è l'equivalente non-violento), ma è sulla buona strada. La popolarità, perfino in politica, è un mostro a sette teste che divora se stesso. Che cosa non si fa, senza far nulla e non sapendo far nulla, per far vedere a tutti di fare tutto! Onan, figlio di Giuda, fratello di Er, nipote di Giacobbe, marito di Tamar, in fondo lo aveva capito. Senza far nulla, faceva tutto lui. Da solo, però. Almeno, lui, non aveva bisogno della folla per godere.

3 Comments:

Blogger S. said...

Post eccellente, nulla da obiettare.

Ricordo la prima notte bianca, capitata per caso.

Ero a Roma in quel fine settimana per festeggiare i 10 anni di matrimonio.

In tutta la serata/nottata l'unica cosa che siamo riusciti a fare e' stata una visita alla mostra in corso al Colosseo, per puro caso visto che c'era da prenotarsi e fare ore di fila mentre noi ci siamo trovati di fronte agli ingressi ed i prenotati (forse bloccati nella folla, forse abbandonati al proprio olbio) non c'erano.

Per il resto e' stato un effettivo vagare continuo, Roma te lo fa fare di giorno, figuriamoci di notte in mezzo a tanta gente.

Fino a quando abbiamo cercato di prendere una metropolitana per rientrare in albergo. Impossibile, all'aprirsi delle porte del convoglio ci si presentava uno spettacolo del tutto identico (odore compreso) all'apertura di una scatola di sardine scadute. Prima di richiare di rimanere travolti dalla folla se non di finire sui binari abbiamo abbandonato l'idea, siamo riemersi e con un dolore terrificante ai piedi abbamo raggiunto il Colosseo (l'albergo era li dietro).

Il tempo di attraversare la strada, di voltarci a guardare ancora una volta il Colosseo della notte bianca e... ZAC! fortunatamente ci hanno pensato gli svizzeri, abbattendo un albero su una linea elettrica per l'Italia, a rendere memorabile quell'evento, a renderlo tale da poter essere raccontato ai nipoti a futura memoria.

11 settembre 2006 alle ore 15:04  
Anonymous Anonimo said...

Panen et cricenses, ma senza scomodare gli antichi romani, potremo anche dire che il nostro Veltroni si isipira a Goebbels. Nazista, comunista, cattocomunista o cos'altro sia, sempre di propaganda si tratta. Che è cosa ben diversa dalla politica, quella Veltroni non l'ha mai fatta e mai la farà.
Ma questo è il prezzo che si paga, mettendo a capo di grandi città politici in carriera e non bravi amministratori

11 settembre 2006 alle ore 16:40  
Blogger Nico Valerio said...

Non ti capisco, che c'entra Feltri?

11 settembre 2006 alle ore 21:08  

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