25 ottobre 2006

EPITAFIO. Bruno Lauzi, il poeta, il burbero genovese, il liberale coraggioso.



Ce l’aveva col medico inglese James Parkinson, figuratevi, che nell’Ottocento aveva descritto per primo l’insidiosa malattia che porta il suo nome, e che l’aveva colpito. Gli aveva indirizzato una scherzosa letteraccia che oggi, dopo la sua morte, acquista un po’ il tono del testamento psicologico, dell’ultima dolorosa scena comica del vecchio attore da circo morente.

Del resto, il carattere per Bruno Lauzi era tutto: poeta e cantautore, burbero genovese, anticonformista per natura, liberale per scelta intellettuale e per il suo carattere ribelle. Uno, cioè, che non amava le mode, le firme a comando sui manifesti dettati a via delle Botteghe Oscure, il monopolio dell'industria culturale di sinistra, le ideologie comode che danno sempre la colpa agli altri, che nell’Italietta del Centro-sinistra, tra Dc e Pci, servivano insieme a salvarsi l’anima, a farsi pubblicità, soldi e carriera. Anche per questo, un personaggio raro nel mondo della canzone.

Aveva cominciato, pensate un po’, correggendo le bozze dei romanzi d’un altro famoso liberale, lo scrittore Piero Chiara, che era stato addirittura nel Consiglio nazionale del Partito liberale. Aveva anche contribuito alla nascita del quindicinale politico liberale "L'Altolombardo, a Varese, su consiglio di Chiara stesso. E mi pare di ricordare che ai tempi della diarchia Zanone-Battistuzzi, Bruno Lauzi fosse presente alle riunioni della Direzione del partito di via Frattina. Erano tempi in cui il liberalismo non era ancora di moda, e nessuno in Italia si definiva abusivamente "liberale", come accade oggi. Anzi, c'era chi, liberale, negava di esserlo per viltà.

Bruno Lauzi era considerato, con Bindi, De André, Paoli e Tenco, uno dei fondatori della cosiddetta "scuola genovese" da cui nacque la canzone moderna italiana e il filone della "canzone d’autore", in cui cioè ad interpretare le canzoni è l’autore stesso dei versi, sì, insomma, il poeta, spesso neanche dotato particolarmente di voce, o di bella voce. Ma questa rusticità, per contrasto con le più educate ma anonime voci dei cantanti tradizionali, aveva fatto della scuola ligure un filone stilisticamente riconoscibile anche dal largo pubblico.

Eppure, tra cantautori tutti "personaggi", Lauzi forse era il più anti-personaggio, ombroso com'era, poco abile nel comunicare, certo il meno incline a farsi raccomandare dai politici, a fare concessioni al pubblico, a mettere la propria vita privata in mostra, a strizzare l’occhio ai discografici. Un personaggio "contro", che ha pagato per decenni con l’emarginazione dai palchi e dalle sale d’incisione. Mentre altri cantautori liguri, da De André a Paoli, beniamini degli impresari e dell’industria culturale in mano al Partito Comunista, mietevano allori su allori.

E, come accade a tanti burberi, in privato indifesi come bambini, era un poeta d'istinto. Che amava l’understatement, l’auto-ironia, la provocazione.

In questo, come un altro musicista-poeta ugualmente versatile e appassionato di jazz (con Tenco all’inizio degli anni Cinquanta aveva suonato e cantato nella "Jelly Roll Morton Boys Jazz Band"), ma ben più narciso e "sgarbiano" di lui, il francese Boris Vian. Così, nel suo sito web, aveva coniato per se stesso epiteti curiosi, come quello un po' misterioso di "poeta fungaiolo".

Addio, Lauzi, non ti dimenticheremo, e quando con la memoria riandremo alla tua zazzera bianca anzitempo e al tuo portamento buffo e sgraziato da clown triste, ci ricorderemo che - nel tuo piccolo, e per quel che possono le semplici canzoni - hai contribuito alla libertà e all'indipendenza della cultura.

IO CANTERÒ POLITICO
Testo e canzone di Bruno Lauzi

Io canterò politico
quando starete zitti
e tutti i vostri slogan
saranno ormai sconfitti,
quando sarete stanchi
di starvene nel coro
a battere le mani
solo se lo voglion loro.
Avrete bisogno
dell'individualismo
per vincere la noia
di un assurdo conformismo.


Io, io canterò politico,
ma il giorno è ancor lontano,
per ora sono l'unico
ad andare contromano,
ma i miei finti colleghi
che fan rivoluzioni,
seduti sopra pacchi
di autentici milioni,
dovranno ritornare
al ruolo di pulcini
lasciando intatto il candido
e poetico Guccini.


Io, io canterò politico
ma sarò troppo vecchio,
ed ai giovani dell'epoca io,
io romperò parecchio.
Il gusto del dissenso
lo avranno ormai perduto,
e il festival giù in piazza
lascerà il paese muto,
e pace nel silenzio, sì
questa è democrazia,
ma il primo che lo nega, voi
voi lo cacciate via.


Io canterò politico
soltanto per la gente
che è pronta a riconoscere
di non capirci niente:
non è cambiando tattica
o il nome del padrone
che il popolo ha finito
d'esser preso per coglione.
Volete stare comodi?
Nessuno a disturbarvi?
E beh siete serviti:
potete masturbarvi.


AGGIORNATO IL 17 OTTOBRE 2015

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sottoscrivo.

Un Genovese

26 ottobre 2006 alle ore 01:16  
Anonymous Anonimo said...

Sottoscrivo

Un liberale

23 novembre 2006 alle ore 14:13  

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