11 aprile 2007

GENI IN CUCINA. La pizza alla Catone e i tre panettoni della notte del single.

Che rapporto abbiamo con la cucina pratica, noi che siamo esperti o ci interessiamo di alimentazione? D'accordo, una persona per essere completa deve saper far tutto. E deve anche avere manualità. Gli psicologi hanno assodato che l'abilità manuale contribuisce talvolta all'intelligenza più di quanto faccia il districarsi tra i concetti - sempre quelli - imparati a memoria. Ne sono convinto da sempre. Senza neanche arrivare agli artisti, un bravo calzolaio per sopravvivere col proprio lavoro deve essere sicuramente più intelligente d'un politico medio o d'un mediocre avvocato, che magari ha ereditato lo studio dal padre.

Ma ci vuole esercizio, questo è il punto. E molti di noi si adagiano pigramente su una divisione del lavoro poco dignitosa per tutti: i pochi bravi fanno lavori manuali, cioè artigianali o artistici, i molti mediocri e senza creatività si rifugiano nel lavoro intellettuale. E' un rischio-certezza per molti di noi.

Cerchiamo di reagire, perciò, a questa stolta divisione del lavoro. Per esempio, signori intellettuali, sapete fare il pane, o la pizza napoletana? E' come chiedere se sapete dipingere. Sembra facile o difficile, a seconda del rapporto che abbiamo con la tecnica, ma anche con l'idea del bello, con la forma, e soprattutto con gli impasti (di farina o colori). Io ripeto sempre che se erano capaci di farla i rozzi pastori - senza pomodori e mozzarella, ovviamente, ma come semplice piadina fatta cuocere sulla pietra arroventata (cfr. il poemetto "Moretum" col rustico personaggio Symilus) - vuol dire che la focaccia bassa atavica che noi oggi abusivamente chiamiamo "pizza napoletana" è facile, davvero facile da fare.

Certo, ci vuole quel minimo di manualità con gli impasti da pane che gli Antichi avevano, e che si è tramandata fino a noi, per fortuna. Ma oggi, diciamolo, in città e in campagna, chi fa più il pane in casa? Neanche le nostre madri. E perfino le nostre nonne e bisnonne lo facevano solo nelle emergenze, o perché non avevano il forno in casa o perché in paese non esisteva il panettiere. Lo stesso accadeva nella Roma antica

Chi lo fa, sa che il pane viene benino a partire dalla terza o quarta volta che lo si fa. A poco a poco, si imparano i trucchi e i segreti. E alla fine, memorizzati i "gesti" giusti, le mani corrono e fanno tutto da sé. 20 minuti per fare il pane, 20 minuti per la pizza. E se la farina è una buona integrale, sono 20 minuti ben spesi. Sempre meno che vestirsi, uscire, prendere l'auto o il bus o andare a piedi alla più vicina bottega di alimentazione naturale per comperare del buon pane. E sì, perché il comune pane "integrale" delle panetterie in Italia è orribile, leggerissimo e pieno di additivi: si vede subito che è fatto di normale farina 0 con i consueti "facilitatori" chimici e l'aggiunta di un po' di crusca.

Al Corso di Alimentazione Naturale e Terapie con gli Alimenti, che non verteva certo sulla cucina, ho accennato anche al pane integrale fatto con il "lievito naturale" o "pasta madre". Ma, ho aggiunto, con la stessa pasta da pane si può realizzare qualsiasi pizza o focaccia bassa da forno. E per evitare le solite pizze semicrude e indigeste che si fanno nelle pizzerie (5-10 min. di cottura: bruciacchiate sotto e ai bordi, semicrude all'interno, il che vuol dire 4 ore di digestione...), è meglio lievitare la pasta e far cuocere la pizza nel forno di casa a 220-240° per 20-30 minuti.

Anni fa, mi feci regalare da una bottega di "interni" un marmittone da pavimento 30 per 30 cm. di ottimo gres refrattario al calore, e lo uso nel forno a gas come base per pane o pizza. Cerco di riprodurre almeno in parte le condizioni che pane e pizza trovano nel tradizionale forno a legna fatto di mattoni. Il mattone a differenza del metallo conserva e ripartisce bene ovunque il calore evitando che pane e pizza si brucino sotto restando semicrudi sopra.

Ma il problema della focaccia bassa lievitata è il tempo. Anche usando il normale lievito di birra, ci vuole sempre un'ora e più. E con la farina integrale anche 90 min. Perciò in totale, se si è bravi e tutto va bene, 20+60+30. Un totale di quasi 2 ore è davvero tanto per una pizza bassa, sia pure dello spessore d'una focaccia lievitata. Qualche donna di città, perciò, ha inventato il sistema di non aspettare l'intera ora di lievitazione, ma di mettere in teglia e infornare dopo un quarto d'ora. "Tanto poi - dice - il calore violento del forno compie in modo affrettato la lievitazione". Il che è vero solo in parte. Comunque è un'alternativa per guadagnare un po' di tempo.

Ora una delle varie Marie Cristine del Corso appena concluso ha provato a fare la pizza napoletana seguendo senza volerlo la ricetta austera di Symilo e di Catone, che nel De re rustica vedeva molto di mal occhio il pane lievitato, sorta di debolezza "moderna" di vecchi cittadini infiacchiti e senza denti, e provilegiava il semplice panis depisticius, cioè semplicemente impastato. E grazie tante! Ne sarà venuta fuori - a vedere le due foto inviate da Cristina - una specie di galletta dura, inutilmente cosparsa ma non ammorbidita da pomodori e verdure, anzi ancor più rinsecchita dalla cottura al forno. Dimenticato il lievito? Coraggio, Cristina, come il pane anche la focaccia bassa viene bene solo a partire dalla 3.a o 4.a volta. Inutile tentare la velocità dei pizzaioli, che in mezz'ora servono decine di clienti: loro usano trucchi e misture di farinaccia e “facilitatori” irriferibili alle tue caste orecchie. Prova almeno a far lievitare per metà fuori e per metà dentro il forno... durante la stessa cottura.

D'altra parte non sono certo un cuoco professionale, pur avendo creatività in cucina ed essendo bravino e fantasioso ad improvvisare senza ricette (“ricette? puah!”), come del resto siamo soliti fare tutti noi maschi che “ce la tiriamo” e con le femmine pazienti ci atteggiamo a “geni dell’improvvisazione in cucina” per essere applaudi a cena. Ma la donna, si sa, vuole certezze, i piedi per terra. Noi cerchiamo l’avventura, anche dove non dovrebbe esserci… In cucina la ricetta esatta e fedele è femmina, l’improvvisazione creativa o caotica è maschio….

Per consolare Cristina ricordo una notte di tregenda di tanti anni fa interamente passata accanto al forno, che non ne voleva sapere di cuocere contemporaneamente tre panettoni integrali di Natale. Tre panettoni? Già, come era potuto accadere che un single arrivasse a preparare ben tre grossi panettoni? Eh, cari amici, con ‘sta storia della “improvvisazione creativa”, neanche fossi Picasso davanti alla tela, metti acqua, aggiungi latte (che nella ricetta originale non c’è), aggiungi olio – altro che burro, credetemi: viene fuori un sapore più corposo e scuro, che unito a miele, zucchero muscovado e zenzero, fa meraviglie – fui costretto ad aumentare di molto la farina integrale per compensare i troppi liquidi. E nella grande zuppiera l'impasto cresceva, cresceva. Ma senza ancora essere lievitato…

Al momento di metterlo nelle forme vidi (ed erano ormai le 2 di notte) che altro che un “panettoncino”: ce n'era per tre grossi panettoni. Dramma. Sapevo bene che il piccolo e malconcio forno casalingo d'allora più d'un panettone non cuoceva, e pure quello a malapena. Che fare? Misi il fuoco al massimo e mi presi un libro da leggere. La cottura fu lenta e avventurosa. Ma alle 5 del mattino avevo davanti ai miei occhi stralunati tre stupendi panettoni di Natale. Che per di più nei successivi quindici giorni mi dovetti mangiare tutti io, in barba alla dieta!

Nella speranza che lo spirito di Catone il Censore non si vendichi ancora una volta di certi frettolosi e inadeguati Romani moderni.
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IMMAGINI. 1. In alto una napoletana classica come si deve, un po' lievitata, rialzata ai bordi, di spessore giustamente irregolare. Quando la si prepara con buona farina integrale è una delizia. Ma va ben cotta (quella delle normali pizzerie è spesso semicruda). 2. Al centro un "esperimento" di focaccia di farina integrale tipo "galletta", non lievitata, come si vede meglio (3) dalla compattezza della pasta - oltretutto rullata col mattarello! - e dallo spessore del taglio. 4. In basso il tipico panettone di Milano protagonista dell'avventurosa notte del single. Vuole lievito acido a "pasta madre" (8-12 ore di lievitazione) e triplice lievitazione.

AGGIORNATO IL 31 OTTOBRE 2014

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Tutto vero, grazie dell'humour: mi sono visto alle prese con una classica torta rustica. Non vi dico le traversie. Eppure era in teoria "facilissima". Mah...
Davvero, come dici, la manualità è un'intelligenza doppia, superiore...
Al contrario della solita cultura di quelli che "non sanno fare niente", qui devi avere insieme l'hardware e il software...

11 aprile 2007 alle ore 10:43  
Anonymous Anonimo said...

Insomma, la pizza come Grande Test Attitudinale per la Vita (notate le maiuscole?. Magari. Allora io sarei la donna più "mani in pasta" (buona, questa) d'Italia. Invece sono brava in cucina ma non nella vita sociale. Ho torto io o hai torto tu?

11 aprile 2007 alle ore 15:37  

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