05 luglio 2007

ROMA ANTICA. Altro che triclinio: si mangiava a tavola o al fast food

I libri delle aristocratiche signore così ricche da potersi occupare di archeologia, o anche quelli delle solite professoresse di storia o d’arte, sono zeppi dei luoghi comuni più banali sul cibo dei Romani antichi. Il loro ideale è quello nobiliare, la loro informazione sulla società romana antica pari a zero. E si sente.
Dunque, i Romani secondo loro mangiavano tutti stesi sui triclini, e perciò poggiati sul gomito e in equilibrio instabile non potevano reggere scodelle di brodi e zuppe. Ma le coppe di vino, sì, perché si tengono con una sola mano.
Ecco perché carni e pesci, sotto forma per lo più di arrosti e pasticci - ne deducono le nobili signore che scrivono libri sulla tavola antica - erano largamente presenti sulle mense al centro dei triclini (tre divani a pendenza digradante verso l’esterno) o degli stibadi su fontane e laghetti oppure nelle fresche grotte dei giardini delle ville. Che vita, eh? Dite la verità, non piacerebbe anche a voi cenare sull’acqua nelle calde notti d’estate? Anzi, abbuffarvi e sbevazzare dalle 2 del pomeriggio fino a notte fonda?
Peccato che sia tutto falso. Gli Antichi erano quasi tutti poveri. Solo pochissimi ricchissimi ed eccentrici (ci volevano entrambe le condizioni) lo facevano abitualmente. Ed era subito notizia. "Ma come? Ne parla anche Petronio nel Satyricon!", obiettano le ottuse professoresse, le stesse che non capirebbero una barzelletta, figuriamoci la satira di costume sui "cafoni arricchiti". Appunto, è satira, signora prof.
Per i Romani "borghesi" (diremmo oggi), pochi, il triclinio - non di proprietà ma affittato nei ristoranti - era un costoso rito una tantum riservato a feste speciali (matrimonio, elezione ecc). Ma per il popolo, che si nutriva di polente, minestrone o - sul lavoro - di pane e pasta di alici sotto sale o allec, era addirittura un miraggio o un'oggetto di battute sarcastiche.
Nella Tavola degli Antichi, libro Oscar oggi esaurito e che mi piacerebbe ristampare, dimostro dati alla mano che quasi tutti i cittadini della Repubblica e anche dell’Impero, ovunque abitassero, prendevano i pasti in modo rapido e frugale in casa, seduti su panche di legno e attorno a un tavolo. Come noi. Usando per lo più scodelle e cucchiai. La cena avveniva non più tardi della fine del tramonto (l’olio per le lampade era costosissimo), e li vedeva seduti su panche di legno e attorno ad una piccola e rozza tavola. E per lo più mangiavano minestre, zuppe, polente, legumi, insalate, verdure. L'alimentazione era tendenzialmente vegetariana, altro che arrosti e carni esotiche del Satyricon!
Ma questo, se avevano a disposizione una vera casa, una domus dotata di cucina (la culina, in un cortiletto interno aperto - per via dei fumi - protetta da una tettoia). Mentre a Roma la maggioranza della popolazione viveva in piccoli appartamenti o stanze di caseggiati (insulae) alti fino a sette piani, senza cucina. C’era sì la cucina condominiale al pianterreno, ma è facile immaginarla affollata, sempre occupata e poco pratica.
Così i Romani antichi cercavano di scaldare su uno scaldino in camera le vivande pronte acquistate, o mangiavano un panino (panisperna, oggi famosa via romana, era il pane e prosciutto) o altri cibi pronti comprati nei chioschi all’aperto, o in taverna, o al termopolio (il bar d’allora, v. nella foto un interno a Pompei), o bollivano nelle pentole di coccio su una piccola brace qualche farinata di cereali (puls). A rischio d’incendio.
E’ chiaro, perciò, che i cittadini della metropoli mangiassero per lo più fuori casa, rapidamente, sgranocchiando qualcosa in piedi accanto ad un chiosco o ad una bancarella, mangiucchiando tutto il giorno come si fa ancor oggi in Grecia e in Oriente, oppure seduti allo snack bar. E in questi casi, certo, non potevano mangiar bene e sano come un contadino.
Ripeto, lo si sapeva da sempre, ma prima l'agenzia, poi il giornalista, spacciano come una novità - invece che una conferma - la ricerca archeologica inglese:
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Banchetti e pranzi sontuosi?
I GIOVANI DELL'ANTICA ROMA PREFERIVANO IL FAST FOOD
di Roberto Manzocco
Libero, 23 giugno 2007

LEICESTER - Altro che festini e pranzi sontuosi, formali e soprattutto lunghi: la maggior parte degli antichi romani mangiava di fretta e preferiva i fast-food, che non rappresenterebbero quindi un'invenzione moderna. A sostenerlo è un'archeologa britannica, Penelope Allison, che lavora presso l'Università di Leicester.
La studiosa è giunta a queste conclusioni dopo numerosi scavi che hanno interessato un intero settore di Pompei. Congelata nel tempo dalla celebre eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, questa città ci offre - anche grazie alla suavicinanza a Roma, cioè il cuore dell'Impero - uno spaccato attendibile della vita quotidiana degli antichi romani in generale. Durante le sue ricerche la Allison ha notato l'insolita assenza nelle abitazioni delle classi popolari di stoviglie da tavola e soprattutto di aree specifiche dedicate alla cottura e alla consumazione del cibo, e ha trovato piuttosto piatti sparpagliati in diverse stanze delle case da lei studiate, come ad esempio le camere da letto. In sostanza secondo l'archeologa la gioventù romana si sarebbe portata il cibo nelle zone della casa più svariate, dedicandosi così contemporaneamente ad altre attività, un po' come gli adolescenti di oggi, i quali spesso mangiano in camera propria di fronte alla televisione o al computer.
In queste abitazioni la Allison ha rinvenuto inoltre numerose mini-griglie da barbecue sparse in ogni angolo, segno appunto del fatto che la plebe tendeva a mangiare in modo relativamente rapido e non sistematico e a preferire cibi che potevano essere preparati in poco tempo.
Le conclusioni dell'archeologa britannica sono confermate da Stephen Dyson, studioso dell'Università di Buffalo e uno dei maggiori esperti al mondo di civiltà romana, secondo il ricercatore Usa le abitudini alimentari degli antichi romani sarebbero state molto più simili a quelle contemporanee di quanto si creda. Ad esempio nel corso delle sue ricerche Dyson ha avuto modo di ritrovare -sia a Roma che a Pompei - diversi locali comparabili da molti punti di vista ai modemi fast-food americani e ai tipici "bar del tapas" spagnoli (luoghi che offrono rapidi spuntini al banco), cioè ristoranti aperti verso l'esterno in cui era possibile acquistare il cibo rapidamente, consumandolo sul posto o portandoselo via "Nell'antica Roma le classi popolari tendevano a vivere in appartamenti o comunque in spazi molto ristretti - sostiene Dyson - e non abbiamo trovato molte tracce di stoviglie o cucine".
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Foto. L'interno, così come è rimasto, d'uno dei tanti thermopolia (specie di bar dell'antichità) di Pompei.
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JAZZ. Un raro audiovisivo tratto da YouTube in cui si vedono un giovane Sonny Rollins (sax tenore) e Don Cherry (tromba) impegnati in pregevoli duetti nel corso d'un concerto italiano dimenticato.
Sonny Rollins giovane e Don Cherry a Roma 1963

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Che i McDonald ci fossero già nell'antica Roma mi ha profondamente depressa...
Càspita, quanti bar c'erano...
Ecco perché: tutti mangiavano fuori, come e più di oggi!!!

5 luglio 2007 alle ore 18:35  
Blogger Nico Valerio said...

Sì, tra popinae, cauponae, thermopolia, locande, chioschi e bancarelle e botteghe varie, gli antichi Romani avevano di tutto in strada. In fondo non è cambiato niente. Ho sempre sostenuto che l'Italia è una lunga fila di bar e chiese.

5 luglio 2007 alle ore 21:34  

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