17 giugno 2009

CAPRARA. Il segretario segreto “se n’è gghiuto e soli ci ha lasciati”

Famoso per sarcasmo e cinismo il commento di Togliatti all’uscita dal PCI dell’intellettuale Elio Vittorini: “Vittorini se n'è gghiuto, e soli ci ha lasciati". Come a dire, in tempi di partito staliniano, che se c’era qualcuno che con le proprie dimissioni si isolava, e tutto a suo rischio, era proprio lo scrittore. Ora metto in bocca a Togliatti la stessa battuta sulla dipartita, questa volta dalla scena del mondo (è morto ieri a Milano), del suo segretario particolare, Massimo Caprara, che oltretutto va benissimo perché era nato a Napoli, nel 1922. Caprara dopo aver lasciato Togliatti divenne giornalista e più volte caporedattore o direttore.
Lo conobbi in varie redazioni dell’area laica e liberale. E neanche sembrava giornalista, tanto era gentleman nel lavoro. Flemmatico, distaccato, razionale, elegante e pacato nella voce e nei modi, impersonava quella dignitosa “napoletanità altra” che siamo abituati a riconoscere a celebri comunisti partenopei, come Giorgio Napolitano, oggi presidente della Repubblica.
Un comunista che apre gli occhi e diventa liberale. E dov’è la novità? Ce ne sono stati tanti negli ultimi decenni. E abbiamo visto che molti, anziché a proprio rischio lo hanno fatto opportunisticamente, a proprio vantaggio, diventando ricchi e ancora più cinici. Ma per Caprara non fu così. Fu il primo o uno dei primi, e visse il dramma personale con signorilità e understatement, una riservatezza estrema che forse celava la volontà di lasciar cadere su di sé un silenzio riparatore - come, negli ultimi anni di vita, Greta Garbo - insomma davvero un segretario segreto come pochi. E senza mai cadere nella volgarità dei convertiti e neofiti (penso a certi giornalisti ex comunisti del PDL). E alla curiosità dei colleghi aggiungeva il buon peso dell’essere stato segretario particolare di Togliatti, quindi al corrente di carteggi e segreti di politica interna ed estera d’ogni tipo. Ma non ne approfittò mai.
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Aveva 87 anni, essendo nato a Napoli nel 1922. Era stato il segretario particolare di Palmiro Togliatti, dal 1944, quando «il Migliore» ritornò in Italia dall’Unione Sovietica, e accanto al capo del Partito Comunista Italiano (PCI) trascorse vent’anni, venendo cooptato nel Comitato Centrale e dirigendo la federazione napoletana del partito. Nel 1953 è eletto deputato al Parlamento, dove rimarrà per quattro legislature, guidando anche il gruppo del partito. Con lui muore un testimone importante del XX secolo e dei tanti intrecci e conflitti ideologici che lo hanno attraversato. Dopo essere stato sindaco di Portici (Napoli) negli anni Cinquanta, fu redattore-capo di Rinascita, la rivista teorico-politica del PCI, e collaboratore delle principali testate dell’area di sinistra. Nel 1969, dopo aver manifestato il suo dissenso per la copertura data dal PCI all’invasione sovietica della Cecoslovacchia dell’agosto dell’anno precedente, viene radiato dal Pci e diviene uno dei fondatori del gruppo di intellettuali comunisti «eretici» adunatosi intorno alla rivista - poi quotidiano - il manifesto. Ma questo suo approdo non sarà sufficiente a fermare il suo processo di ripensamento della storia e del nefasto ruolo del comunismo. Dopo la contestazione da sinistra del comunismo sovietico burocratico e grigio, attraversa una fase liberale che lo vede giornalista de l’Espresso e de il Mondo e che gli permette di riconquistare la nozione del valore della libertà (M. Invernizzi, Corriere del Sud).

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