21 aprile 2012

TWITTER e gli snob: 140 caratteri per il nulla. E anche con understatement.

guida-twitter-italia-150x150 Twitter non mi piace. E non mi piace perché è platealmente inutile. E proprio di questa evidente inutilità si fa forte per mostrarsi quello che realmente è: tecnologia fine a se stessa, giochino da sedia a sdraio sotto l’ombrellone (o poltrona da ufficio, che differenza c’è?), pura chat (senza dirlo), innocua eccentricità da perditempo retribuiti, consumismo ridondante, insomma puro snobismo.

Tutto quello che si può dire e fare con Twitter lo si può dire molto meglio, con maggiore visibilità, chiarezza e velocità, e con più concetti e sfumature, in tanti altri modi. Ma a che serve questo paragone razionale: qui è chiaramente il mezzo che deve prevalere sul contenuto. E il fatto che ormai lo usino in tanti, impiegati e studenti compresi, non più solo le minoranze auto-elette, non vuol dire nulla. Anzi, è la dimostrazione che si trattava proprio d’un fenomeno di imitazione, anch’esso snob.

E che siano ormai in tanti a fingersi happy few, i felici pochi, è tipico, appunto, di ogni fenomeno snobistico. Sine nobilitate, eppure ci tengono, eccome, a mostrarsi in qualche modo “aristocratici” i borghesi – in genere appena “arrivati” o dalla provincia o dalla massa anonima, grazie ad entrature nella politica o nel giornalismo, le due frontiere più facili che permettono di passare con tutti gli onori e i benefit dalla massa dei volgari cafoni senza nome all’Empireo dei Raccomandati.

Lo snobissimo (sempre così, quando si vuole vendere qualcosa di difficile, quasi impossibile, col mercato già saturo di telefoni mobili, social network tipo Facebook, Newsgroup, Forum, Blog e computer...) Twitter mi ricorda certi salotti "bene" di belle signore – che poi belle non sono mai, ma proprio mai (lo snobismo continuo genera stress) – che danno ad intendere di essere colte (il che è tutto da dimostrare, visto che non parlano) solo perché invitano giornalisti noti (v. sopra), finanzieri (ma non della Guardia di Finanza: se ne guarderebbero bene!), politicanti, faccendieri della sotto-cultura e altri animali del genere.

Ebbene, lo snobismo consiste nel non affrontare alcun tema, ma solo nello sfiorarlo con allusioni lievi o ironiche, come “tra color che sanno”. In realtà, solo la filippina che li serve a tavola crede che l’allegra brigata pensi qualcosa di più elevato dell’uomo della strada. Chi dovesse sollevare tra una tartina e un calice un problema vero verrebbe visto come un insolente e rozzo burino infiltrato, da quel momento in poi trattato con freddezza e mai più invitato.

Tutti così gli pseudo-salotti-bene di Roma. Conta l'esserci, non il dibattere. Bisogna dire e non dire, semmai parlare di persone, accennare a mutandine e diete, giro-vita e corna, ma non affrontare il mondo delle idee. Questo è tabù. Ben altra cosa dovevano essere i veri salotti del 700 e 800. Insomma un insopportabile minimalismo sottoculturale. Anche perché se sono davvero "persone di successo" lo devono soprattutto al fatto che non hanno mai espresso idee, non si sono mai scoperti.

Ecco perché per questi "vorrei ma non posso" del presenzialismo la messaggeria minimalista di Twitter (140 caratteri) calza come uno slip degli anni 60, è quello che ci vuole per sentirsi magri di opinioni. Va benissimo per sentirsi snob con battute leggere e anodine tra catene di "amici o follower che sfiorano il niente. Però ci sono. Anzi, “c’erano”, confermerà sempre a cose avvenute (mai che inviti prima) l’ex bancario D’Agostino, cantore di quel genere di eventi, che avendo “svoltato” ambiente, rappresenta egregiamente, vedendolo sempre dal basso, lo snobismo conclamato ed esibito (se no, che snobismo sarebbe? Avete mai sentito parlare di uno snob introverso e casalingo?).

Vi ricordate le carovane di "amici" che contano, per lo più romani e milanesi (ma che male hanno fatto queste due città?), i famigerati happy few, sempre i soliti, quelli che hanno sempre paura che uomini e donne comuni, quasi sempre più intelligenti e bravi di loro (o forse è per questo?) si intrufolino nel loro entourage, quelli che si trascinano da Cortina alla Costa Smeralda e alle Eolie, portandosi appresso estimatori, amanti, figli, cani, computer, Ipod, Ipad, tre cellulari, parrucchieri e cuochi (in ordine inverso d’importanza)? Ebbene, hanno trovato il modo di tecnologizzare la loro stupida catena difensiva  snob con Twitter. Sembra fatto apposta. Deve essere stato inventato da un cretino sulla difensiva come loro.

Ma sì, è come quando la signora padrona di casa, quella che fa gli inviti “a pochi amici” (tra gli snob, come tra i sedicenni, si diventa subito “amici”: è più facile che su Facebook), dice in fine serata: "Ragazzi, allora d’accordo, venerdì venite tutti da me, a Salina".

Se la studentessa scrive su sms “Che palle il prof di storia”, non fa né Storia, né tendenza. Ma se il presidente senza competenza di un Ente di Stato o un commentatore politico dalla sintassi contorta lancia eroicamente il messaggio via Twitter dalle perigliose trincee del sottobosco politico, del tipo “La ministra ha delle belle gambe: l’unica cosa bella di questa conferenza stampa”, ecco che diventa poco meno che un eroico inviato in zona di guerra, a rischio della vita tra talebani e truppe di Bush.

Cioè, il bello di Twitter non è che cosa vi si scrive (con 140 caratteri, compresi i refusi, c’è poco da scialare; la lingua regredisce come negli sms in fonemi smozzicati al livello dei trogloditi), ma chi lo dice, e soprattutto chi lo fa sapere in giro. Ma allora, scusate, meglio la sana studentessa maniaca di Facebook. O la commessa che scrive nel sms “Aó, che famo? Domani venite tutti da me a Genzano”. Non esprimerà concetti, non farà tendenza, ma almeno da lei si mangerà meglio. E una volta arrivati a casa sua si potrà pure discutere o fare di qualcosa di serio o divertente.

JAZZ. Come Bach avrebbe fatto jazz. Il tedesco-americano Bix Beiderbecke e il suo gruppo in un apollineo Singing the Blues del 1927, eccellente esempio cool, cioè genialmente rilassato e insieme ritmico, del jazz bianco. Ma è l’europeismo d’un bianco che aveva studiato, inseguito, copiato e ammirato Armstrong e le orchestre dei neri. E c’è l’estrema, geniale, sintesi, segno sempre di arte riuscita.

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1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Caro Nico Valerio, secondo me nello snobismo dei salotti che sfiorano ma no dicono potresti mettere anche tanti blogger e reti. Mi è capitato recentemente addirittura di scrivere un commento (magari idiotissimo) e di esser redarguita perchè ritenuto fuori tema. In realtà il post parlva dei miracoli di san gennaro e pare che si dovesse discettare del miracolo. A differenza di te però io trobo poco amichevoli i social in genre tra cui l'amatissimo facebook . Saluti e apresto, Tiziana

24 aprile 2012 alle ore 12:02  

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