18 gennaio 2013

SCONTRI TV. Se entrambi i “litiganti” vincono e a perdere è solo il pubblico.

win_win Un celebre anchor-man della televisione, conduttore di grande carisma nel bene e nel male, faziosissimo nelle sue prese di posizione, di quelli che interferiscono pesantemente e senza eleganza nel dibattito pur di raggiungere il loro scopo politico e spettacolare, ma che si venderebbero la nonna pur di avere un telespettatore in più, invita in studio il suo “nemico” politico numero uno, ma anche il più antipatizzante, il ras dell’impero televisivo privato e (in barba al conflitto d’interessi) capo di Governo per molti anni, quello che non solo ha promesso mari e monti agli Italiani (senza mantenere una promessa), ma ha usato per anni tutto il suo potere per attaccare il conduttore e che ha perfino cercato di fargli chiudere la trasmissione in Rai. Naturalmente, lo scontro è definito “epocale” dai giornali e attira milioni di spettatori. Ma chi ha “vinto”? C’è chi dice “il politico invitato”, altri più bizantini “il conduttore”, molti sostengono “entrambi”. Ma i più accorti di loro scoprono che... Be’, lo facciamo dire a un esperto di soluzioni di problemi, Umberto Santucci, che sul suo blog analizza i comportamenti e le fasi del “gioco” spettacolare di entrambi gli attori, il conduttore Michele Santoro e l’ex presidente Silvio Berlusconi, svelandone i ruoli veri, le intenzioni sottostanti, la convergenza di interessi, e facendo per noi parecchie interessanti scoperte, valide ovunque (televisione, mercato, sport, vita quotidiana ecc) due competitori diretti si presentino di fronte a un pubblico vasto e indifferenziato (NV):

WIN WIN, DOPPIO LEGAME E STRATAGEMMI CINESI NELLA TRASMISSIONE-EVENTO “SERVIZIO PUBBLICO” DEL 10 GENNAIO 2013.

“Sempre seguendo il filone dell’applicazione di strumenti di problem solving alla vita quotidiana, dalle azioni di ogni giorno alla visione di un programma tv, nella trasmissione Santoro-Berlusconi riconosco l’uso del gioco win win e del doppio legame, combinati con qualche stratagemma marziale cinese.

Prendo lo spunto da una bella analisi di Sergio di Cori Modigliani sulla trasmissione, in cui dice che i contendenti hanno vinto ambedue, a spese del pubblico che ha perso. Si trova qui.

Il win win è un gioco a somma diversa da zero, in cui ambedue i contendenti vincono, come una coppia di ballerini dove più l’uno balla bene, meglio balla l’altro. Nel gioco a somma zero il vantaggio di un giocatore è uguale alla perdita dell’altro, in modo che la somma di profitto e perdita sia zero. Appartiene ai giochi win lose, dove uno vince e l’altro perde, e la vittoria si ottiene a danno del perdente, come accade nel pugilato.

Come si vede nell’immagine (in alto), il gioco win lose degli asini si trasforma in win win, con vantaggio reciproco.

Ai giochi a somma diversa da zero appartengono sia il win win che il lose lose, lotta in cui perdono tutti. E’ il caso dei duellanti che si feriscono a morte e decedono ambedue, o delle spie che si tradiscono a vicenda.

Secondo le leggi della stupidità di Cipolla, lo stupido è tale se procura lo svantaggio suo e degli altri, l’intelligente è tale se procura il vantaggio suo e degli altri. Quindi il gioco win win è un gioco intelligente. E’ alla base di una buona negoziazione, in cui il negoziatore per ottenere il suo vantaggio cerca anche il vantaggio della controparte e riesce così a chiudere meglio il contratto. In tal modo si vince senza stravincere riducendo i rischi della contesa e il desiderio di rivincita del perdente. Si ispira allo stratagemma cinese “se vuoi avere, impara prima a dare”.

Il doppio legame è una trappola dialettica in cui si propongono due alternative ambedue vincenti o perdenti. “Vuoi più bene al papà o alla mamma?” si chiede al bambino che non sa che cosa rispondere, perché qualsiasi risposta dispiace a uno dei genitori. Si ispira allo stratagemma cinese “mandare il nemico in soffitta e togliere la scala”, in altre parole chiudere nell’angolo l’avversario.

A sinistra la famosa pipa di Magritte illustra il doppio legame, il corto circuito paradossale in cui si resta intrappolati. Se dico che è una pipa, mi dici che è un quadro. Se dico che è un quadro, mi dici che è una pipa. In ambedue i casi ho sbagliato. A livello psicopatologico lo schizofrenico è vittima di doppi legami da parte della famiglia, degli altri, della società.

Nella trasmissione televisiva in questione le cose erano messe in modo che, al di là dei colpi inferti o ricevuti, che non sono mancati, ognuno portava a casa un vantaggio.

Berlusconi occupava una prima serata come protagonista, mostrava il coraggio di andare nella tana dei leoni, poteva ripetere gli slogan della sua campagna, veri o falsi che fossero, aveva modo di sfoggiare le sue capacità di showman. Anche se fosse stato fatto a pezzi, ne sarebbe uscito sempre con onore, almeno agli occhi dei suoi elettori.

Santoro e Travaglio avevano la soddisfazione di vedere il nemico di sempre che si metteva d’accordo con loro per mostrarsi in una trasmissione che aveva fatto di tutto per cancellare senza riuscirci, e che doveva accettare le loro condizioni. Anche se Berlusconi avesse stravinto, questa soddisfazione non gliela avrebbe tolta nessuno.

Se ci fossero stati pochi spettatori, Berlusconi avrebbe potuto dire che Santoro e compagni non erano più quelli di prima, Santoro che Berlusconi non era più la sirena del passato. Avendo avuto un boom di ascolti, ognuna delle due parti può dire che il merito è suo.

Il doppio legame è un cavallo di battaglia di Berlusconi. Se i giudici mi assolvono, ho ragione. Se mi condannano, lo fanno perché sono comunisti, dunque ho ragione. Ma è stato ripagato da Travaglio, con le sue non-domande. Non ti faccio le domande perché so che non puoi rispondere, quindi se non rispondi mi dai ragione, se rispondi o ammetti le tue colpe o menti. Infatti Berlusconi non ha risposto, ma ha fatto una mossa simmetrica, secondo lo stratagemma cinese “uccidi il serpente col suo stesso veleno”. Ha letto la requisitoria contro Travaglio con le stesse modalità di Travaglio: elenco di fatti, o presunti tali, come monologo che non permette il contraddittorio. Ed ecco il suo doppio legame: se mi critichi sei un diffamatore e le tue critiche non sono attendibili; poiché sei un diffamatore le tue critiche non sono attendibili, anche se sono vere.

La partita è stata giocata in modo dialettico e brillante, senza risparmiare colpi (memorabile l’uno-due Bundes-Deutsche Bank della Innocenzi), ma senza infierire, proprio perché comunque ognuno sapeva di aver già in tasca il suo vantaggio. Questa mancanza di rischio ha deluso quelli che volevano veder scorrere il sangue, ma è stato un abile gioco premiato dalla audience.

Perché nel gioco win win Santoro-Travaglio/Berlusconi ha perso il pubblico? Perché ancora una volta la trasmissione è stata manipolatoria, in quanto non c’è stato Mentana che prima della trasmissione informasse i telespettatori di quali fossero gli accordi presi dietro le quinte, come dice Di Cori Modigliani. Accordi che sono stati svelati solo dall’ira di Santoro, quando Berlusconi in finale di trasmissione li ha violati, come è solito fare. A questo punto anche le schermaglie precedenti sono sembrate a molti un gioco concordato, più che un serio confronto fra giornalisti e personaggio pubblico.

Considerazione finale: resoconti e commenti dei media hanno dato più importanza alla foma che alla sostanza. Solo il Fatto Quotidiano ha elencato le bugie dette da Berlusconi in trasmissione, e la lettera di un lettore ha commentato che solo in Italia si continua a parlare “seriamente” di un politico così pubblicamente smascherato”. UMBERTO SANTUCCI.

JAZZ. Il trombettista Miles Davis e il sassofonista John Coltrane nello studio CBS il 2 aprile 1959 con Jimmy Cobb alla batteria, Winton Kelly al pianoforte e Paul Chambers al contrabbasso, in So What (Miles Davis Quintet). Presenta il produttore musicale Robert Herridge.

Etichette: , , ,

07 gennaio 2013

PER CHI VOTARE. Amici o nemici, grandi o piccoli, vecchi, nuovi o neonati?

Politici satira Stavolta sarà dura anche per un politologo, uno storico, un economista, uno psicologo, non solo per chi fa satira. Votare per chi ti rappresenta (a parole) ma ha fatto un mucchio di sciocchezze, oppure per i tuoi avversari storici che dicono (ma come potrebbero fare?) cose sensate? Ma la vera bipartizione è un'altra. Votare per i grandi partiti che sono grandi proprio perché dicono sì a tutti, e quindi andando al Governo sono abituati a mediare, a tener conto degli avversari o delle lobbies, e quindi alla fine non fanno – non possono fare – nulla, oppure fanno idiozie? O invece per i piccolissimi che qualche idea giusta e pura ce l'hanno, ma proprio perché non governano mai, stanno sempre tra di loro, non devono mediare, non devono fare i conti con la realtà, e quindi non si sporcano? Ma, allora, come mai sono così piccoli, e da sempre? E' che il popolo li ha sempre bocciati. Ah, ho capito: se è così, dobbiamo votare per i partitini “garantisti” che si scatenano solo quando l’inquisito o il carcerato è un politico, ovviamente. O invece per i partitini “giustizialisti” che lanciano il crucifige solo quando l’accusato è un politico, meglio se di parte avversa. Ma allora è come dire votare per il “partito degli avvocati” o per il “partito dei giudici”. No? E allora dovremmo votare per i vecchi partiti che quando erano al potere non hanno fatto le riforme e hanno aumentato il deficit dello Stato, proprio quei disastri di cui ora accusano gli avversari? Oppure per i partiti neonati che assicurano che quando loro saranno al Governo tutto, come per miracolo, cambierà, e i buoni, che dico, i bravi e competenti, saranno messi al posto giusto? Ma, a proposito, dove hanno imparato, se sono nuovi, a fare politica e amministrazione, che è una professione difficile? E poi, anche i partiti neonati sono fatti di candidati “maturi”, non certo di neonati. E se questi erano così bravi e onesti già prima, perché hanno per decenni lasciato che gli altri sbagliassero? Per il bene del Paese non potevano entrare in politica nei più diversi partiti immettendo linfa giovane-sana-onesta nella classe politica? Se non lo hanno fatto e si sono limitati a invecchiare fino ai 30-50 anni e più, osservando il tracollo dell'Italia per 10 o 20 anni, sono ugualmente responsabili, sono essi stessi “vecchia classe politica”. Con una colpa in più: il cinismo e la vigliaccheria dello “stare a vedere” e di “lasciar sporcare” gli altri, per poi proporsi abilmente al momento giusto come “nuovi”. Senza contare che i nuovi e puri di ieri sono diventati nel frattempo i vecchi marpioni di oggi, che saranno i nuovi riciclati e trasformisti di domani. A questo punto, indignato, Pirandello si risveglia e va ad accomodarsi nella tomba di Machiavelli. Ma la trova vuota: il Segretario è fuori, a brigare, come al solito. Anzi, peggio, a teorizzare sul cinismo e la disonestà altrui. Lui che in vita cercò addirittura, senza ottenerlo, un alloro di “poeta”. Peccato, volevo chiedere ai due esperti come mai prima del voto noi oggi abbiamo quasi l’impressione di votare “uno, nessuno o centomila”, e se è vero che politologi e politicanti di professione, giornalisti ed economisti, giudici e burocrati, anche quelli che fanno mostra di studio, di neutralità e di “antipolitica”, sono in realtà attori d'una medesima compagnia di giro. Oddio che mal di testa!

JAZZ. Chet Baker alla tromba, in un trio con chitarra e contrabbasso. Bellissimo l’assolo di Oersted Pedersen.

CARCERI. Ti resta la speranza, anche se sei stato famoso come politico o medico.

Totò Cuffaro e Achille Della Ragione a Rebibbia (2012) Totò Cuffaro, per anni il più potente politico siciliano, quello che dopo averne fatte di cotte e di crude secondo la sentenza di condanna e la voce popolare che l’ha preceduta, anziché fuggire come fanno i membri della Casta si presentò spontaneamente a Rebibbia (il più grande carcere di Roma), è in questa foto ripreso nel cortile del carcere accanto al medico ginecologo Achille Della Ragione, condannato – se ho capito bene – per aver procurato un aborto non richiesto, su denuncia d’una donna. Sia chiaro, questo articolo non vuole “riabilitare” nessuno, con la scusa della sofferenza in galera, tantomeno il politico colpevole (se davvero lo è). Non so che cosa abbia fatto Cuffaro, non ho nessunissima simpatia politica per lui e i suoi metodi di governo, anzi, sono suo avversario. E non credo neanche ai “pentimenti” repentini”, né ai miracolosi cambiamenti da Belzebù in Arcangelo Gabriele, grazie a pochi mesi di vita dietro le sbarre. Però mi è piaciuta di lui solo una cosa: la sua civile (lui dice “cristiana”) accettazione della Legge e della pena. Della Ragione, anche lui penitente, che mi ha appena inviato questa foto, oltre a essere stato un famosissimo ginecologo napoletano è anche uno studioso d’arte, uomo colto, dotato di spirito, senso critico e d’una verve molto partenopea. Certi suoi quadretti autobiografici sulla Napoli (e Capri) della sua giovinezza me li ricordo ancora: ci siamo conosciuti attraverso internet. Un tempo era radicale, laicista e libertario, perciò gli inviavo la mia newsletter del Salon Voltaire, ora cessata. A suo tempo si è battuto a lungo per la libertà di aborto: e proprio l’aborto ora lo ha punito. Posso dire una castroneria? Be’, invidio qualcosa a questi due noti personaggi ora carcerati: la loro sopportazione, la loro lucidità mentale, pur nel dramma del carcere, pur nell’umiliazione di dover condividere spazi e vita con ogni genere di criminali, veri o presunti. Ora il ginecologo mi invia una sua recensione al libro che Cuffaro ha scritto in prigione: “Il candore delle cornacchie” (Ed. Guerini, 20 euro; i diritti d’autore saranno devoluti in beneficenza). C’è tutta la sua vicenda, riferisce il recensore: come da uomo politico più potente della Sicilia sia diventato la matricola 87833 del carcere di Rebibbia. Oltre alla “cristiana rassegnazione”, pur nella ovvia dichiarazione di innocenza, vi si parla della curiosa storia di una cornacchia che si posava davanti alle sbarre della sua cella, delle visite di politici e cardinali, delle assurdità del regolamento carcerario, delle angherie e umiliazioni, della cena con Marco Pannella il 31 dicembre, delle cartoline quotidiane di una donna misteriosa da ogni parte del mondo (una hostess?), perfino della sua ora di corsa mattutina che gli ha permesso, nota il medico Della Ragione, una perfetta forma fisica (e il calo di 30 kg di peso), della sua tenuta in campagna dove – ha promesso – dopo la detenzione farà il contadino allevando pecore e capre e continuando a produrre un vino tra i più rinomati della Sicilia. Insomma, almeno in una cosa il carcere “fa bene”. Oltre al recupero del colloquio con se stessi, compreso un maggior controllo della psiche e del corpo, alimenta una virtù desueta: la speranza.

JAZZ. Il trombettista Lee Morgan, una delle voci più rinomate e riuscite della corrente mainstream del jazz moderno, l’hard bop, è qui presente in due video musicali YouTube, con Dishwater e Nostalgia, due brani non notissimi che meritano di essere ascoltati.

05 gennaio 2013

PUBBLICITÀ. La libertà di stampa e le vanterie miracolistiche dei produttori

Elixir Coca (particolare) I giornali italiani dipendono passivamente dalla pubblicità, a tal punto che spesso si guardano bene dal pubblicare articoli che parlano di difetti o vizi, anche di infrazioni deontologiche o provvedimenti legali che riguardano i prodotti pubblicizzati. Ne so qualcosa.

Quando tentai di scrivere articoli scientifici, citando sempre gli studi, per un settimanale leader, e per un mensile specializzato in alimentazione naturale, in entrambi i casi la redazione obiettò che in tal modo (cioè pubblicando la famosa verità nascosta che il largo pubblico ignora) le ditte interessate avrebbero interrotto la pubblicità. Una volta una potente catena di importatori di cibi esotici, costosi e di dubbia efficacia, minacciò il direttore: o fai smettere di scrivere Valerio o noi ti togliamo la pubblicità. Che potevano fare quei poveretti, stretti tra il cinismo dell’amministrazione editoriale e la deontologia del giornalismo che dovrebbe sempre perseguire la verità o almeno le due tesi contrapposte? Del resto, trattandosi di argomento scientifico, non erano neanche esperti. Basti pensare che il “caposervizio scienza”, come in molti giornali, era laureato in lettere, e per lui dunque una parola vale un'altra, una tesi vale un'altra. Il che  Le “prove”? Quali prove? E che, forse esistono le “prove” che la Gerusalemme Liberata è inferiore alla poesia di Leopardi? Il relativismo assoluto – mi piace usare questo bisticcio – è il comodo espediente tipico di una diffusissima sottocultura giornalistica. E poi, diciamola tutta, né il caposervizio né il direttore erano eroi.

Questo squallore dei giornali italiani (e meno male che stanno fallendo ad uno ad uno: se lo meritano) mi è venuto in mente nel leggere l'articolo di La Pira che allego: una ditta che vende nel mercato salutista e promette regolarmente alle donne credulone preparati miracolosi è condannata più volte dal Giurì pubblicitario, ma nessun giornale che ospita quella pubblicità informa mai i lettori di quella condanna. Gravissimo. Duplice scorrettezza, scrive l’autore nell’articolo.

Infine, poche righe di scienza: la genisteina e gli altri isoflavoni del trifoglio rosso (la comunissima pianta dei prati da foraggio utilizzata per il prodotto in questione) sono certo utili e possono essere benèfici. Ma in che quantità, e assunti come? Non si dice mai. Spesso neanche è chiaro agli stessi ricercatori. Perciò, chi furbamente mette in vendita pillole con pochi milligrammi del presunto principio attivo isolato, anziché l'erba o la verdura intera che usufruisce degli effetti sinergici tra centinaia di sostanze (ecco la differenza tra l’efficacia della pianta naturale e quella d’un estratto o peggio ancora d’una sostanza isolata) dovrebbe dirlo chiaramente sull’etichetta. Ma allora, state sicuri, non venderebbe neanche una compressa.

E, infine, buttiamola in politica economica: sarebbe questo il Far West, cioè il “mercato libero” senza controlli che vogliono certi esagitati ultras, non dirò liberali ma iper-liberisti alla Thatcher o alla Reagan? Insomma, la sacrosanta “libertà di stampa”, spesso tirata in ballo a sproposito, deve intendersi sempre a favore dei produttori, che possono scrivere mirabilia nei testi pubblicitari, e mai dei consumatori? Probabilmente, dice un amico giornalista, basterebbe una multa al giornale che ospita la pubblicità di prodotti che hanno avuto condanne con obbligo di rettifica. Certo. Ma non sempre i Giurì obbligano o hanno il potere di obbligare alla rettifica. Negli Stati Uniti, sempre citati, e negli altri Paesi liberal-democratici è così.

E allora, che deve pensare un liberale, stretto tra la libertà dei produttori, la vera e propria epidemia di consumismo, lo strapotere della pubblicità, le leggende metropolitane, l’ignoranza dei lettori e la libertà di scelta dei consumatori? Lo diceva sempre anche Einaudi: se la teoria del mercato viene contraddetta dalla realtà, se cioè il peso dei produttori non è bilanciato nella pratica da un adeguato peso dei consumatori, lo Stato liberale un aiutino ai più deboli (in questo caso i più disinformati) lo deve dare. Le leggi devono intervenire, e se ci sono già devono essere fatte osservare.

JAZZ. Un intero album di 37 minuti, intitolato “Go”, col sassofonista be-bop Dexter Gordon, ci riporta alla rilassatezza tipica di questo musicista che, a parte qualche asperità timbrica (forse Dexter ha sempre… sbagliato ancia!), si potrebbe iscrivere nella corrente cool che da Lester Young ha portato al jazz della West Coast. Attenzione, la mia è una provocazione. Ma tant’è: basta avere orecchi.

Etichette: , , , , , , ,