26 maggio 2013

L’HIMALAYA meno conosciuto. Ecco una strabiliante foto panoramica a 180°.

Everest - Khumbu

Cliccare sull’immagine per aprire l’eccezionale panoramica mobile (foto Glacier Works)

Tra Tibet, Nepal e Himalaya, non si sa quale area del Mondo sia oggi più turisticamente e fotograficamente abusata dal consumismo imperante. Lo stesso transfert che riguardava l’India qualche decennio fa. Perché sempre Oriente è, e verso l’Oriente scatta sempre, da sempre (v. l’attrazione che Greci e Romani antichi avevano, già allora, per l’India e la presunta “saggezza” degli Indiani) il riflesso condizionato dell’esotismo romantico.

Una moda, certo, perché l’Occidente, e l’Italia in particolare, ha altrettante, se non superiori bellezze o curiosità. E come tutte le mode, è altamente consumistica e inquinante. E non parliamo solo degli ormai rituali, perfino per i pensionati INPS, viaggi in Tibet o Nepal, tra sfasciumi di rocce, catapecchie e rifiuti in vista, ma anche delle innumerevoli ascensioni a qualcuna delle numerose vette himalayane, frequentate ormai da cani e porci, ma a caro prezzo (il “business dell’Himalaya”), alimentando la mafia dei portatori o sherpa, con risultati devastanti sull’ambiente (tonnellate di rifiuti, per esempio). Altro che Natura, altro che ecologia! E’ ormai un risibile fenomeno di costume, anzi, di scostume.

Insomma, da iconoclasti e Pierini discoli, è facile proclamare coram populo, sicuri che non faremo morire di ictus nessuno, che come per la famigerata corazzata Potemkin del rag. Fantozzi, “non se ne può davvero più dell’Everest, del K2 e dell’intera catena dell’Himalaya”. Meglio, molto più dignitosa e perfino più difficile in certi tratti, una nostra grande montagna. Ma per il vero appassionato di ogni età è un vero godimento senza pari già il salire d’inverno con la neve alta e vergine (ma anche in primavera o in un gennaio senza neve, perché no) sul solitario e non frequentato – a differenza dell’affollatissimo Everest, e perfino del Gran Sasso – piccolo monte Gemma (catena dei Monti Lepini, Lazio, altezza m.1457). Iniziando da Patrica, com’è doveroso, è una escursione lunga e faticosa quel tanto che basta, addirittura con la piramide finale che ti appare quando ormai non ce la fai più…

Del resto, tutto è relativo, e se è vero che le dimensioni delle montagne himalayane sono enormi e impensabili per l’Europa, è anche vero che questa grandiosità viene stupidamente ridotta, ridimensionata, umiliata, da tutti i trucchi e le facilitazioni possibili, ad usum Delphini, cioè anche del ricco geometra di Denver e dell’avvocatessa di Lione, che vestiti di indumenti “tecnici” all’ultimo grido consumistico (e dire che i nostri bisnonni salivano sul Cervino in giacca e cravatta, però facendo portare dagli sherpa nostrani le… scale di legno, da cui il verbo “scalare”…), sono letteralmente trascinati in cima da decine di portatori. Uno scandalo per chi ama la Natura, o almeno lo sport dell’escursionismo, che deve finire.

Eppure, con tutto ciò, questa foto panoramica, tratta insieme al testo esplicativo dal blog Girovagando in Montagna, del fotografo e cameraman Alessandro Ghezzer, è sembrata eccezionale anche per la visuale a 180° e la possibilità di esplorarla e “zoomarla” in ogni punto: a destra o sinistra, in alto in in basso (NV):

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“La grandiosa catena dell’Himalaya racchiude quasi 50 mila ghiacciai d’alta quota, fonte d’acqua vitale per i principali fiumi dell’Asia: Indo, Fiume Giallo, Gange, Brahmaputra, Irrawaddy, Salween, Mekong e Yangtze. E’ la più grande concentrazione di ghiacciai al di fuori delle calotte polari, per questo l’Himalaya viene chiamato il “Terzo Polo”.

Da molti anni la comunità scientifica dibatte sulla riduzione dei ghiacciai, immensi serbatoi di acqua dolce dai quali dipende l’approvigionamento idrico e quindi la vita di milioni di persone che vivono a valle. Gli scienziati concordano sul fatto che è in atto un ritiro anomalo rispetto ai cicli naturali, accelerato probabilmente dai cambiamenti climatici. Non è chiaro tuttavia quali potranno essere le conseguenze.

David Breashears, alpinista, fotografo e regista , ha fondato GlacierWorks, una organizzazione no-profit che studia le modifiche dei ghiacciai dell’Himalaya nel corso degli anni. Dal 2007 ha intrapreso dodici spedizioni per documentare lo stato attuale dei ghiacciai, ripercorrendo i passi dei primi pionieri della fotografia di montagna, per catturare nuove immagini e metterle a confronto con quelle scattate nei decenni precedenti.

Breashears ha realizzato inoltre una documentazione fotografica ad altissima risoluzione. Con la tecnica della “foto immersiva” è possibile esplorare l’immagine in ogni dettaglio. Come questa immagine da 3,8 miliardi di pixel del ghiacciaio Khumbu, nei pressi dell’Everest, visto dal Monte Pumori. E’ composta da ben 400 foto assemblate: è possibile ingrandire l’immagine fino a vedere le tende dei vari campi base, e perfino gli alpinisti che risalgono le seraccate del ghiacciaio”.

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