05 novembre 2015

4 NOVEMBRE: celebra Risorgimento e Unità (che ci piacciano o no le guerre).

Era la “festa della Vittoria”, ma è stata degradata da politicanti demagoghi, per fare bella mostra di sé come amanti della pace (e chi non l’ama? perfino i generali dentro di sé...) a “festa delle Forze Armate”. Così, la giornata del 4 novembre 1918 è poco o per niente conosciuta. Eppure rappresenta una data storica, che dovrebbe essere giudicata secondo il suo tempo, non con gli occhi di oggi, come molti fanno. È la commemorazione del giorno della vittoria dell’Italia nella I Guerra Mondiale (1915-1918, ma era scoppiata già nel 1914), insieme con gli alleati Gran Bretagna (con tutto il suo Commonwealth: Canada, Australia, Nuova Zelanda, India ecc.), Francia, Russia, perfino Stati Uniti e altri, contro Germania e Austria-Ungheria. Era stato l’attentato di Sarajevo, in Serbia, in cui era morto l’Arciduca d’Austria, con conseguente dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia, a scatenare tutta una catena di dichiarazioni di guerra, essendo allora gli Stati legati tra loro da trattati di alleanza e intervento in caso di guerra. Così la guerra diventò ben presto mondiale.
Per l’Italia la sofferta vittoria del 4 novembre – famoso il Comunicato del generale Diaz, scolpito in decine di lapidi – aveva una valenza in più: finalmente erano compiute l'Unità e l'Indipendenza dell'Italia, gli scopi del Risorgimento. Comprese Trento e Trieste e un pezzo della Dalmazia, dove si parlava italiano da sempre. Perché in Italia è stata la lingua comune a trainare l'unità.

La prima guerra mondiale fu certamente un'immane tragedia, accettata col fatalismo e il senso del dovere eroico dell’Ottocento (che era ancora quello dell’uomo dell’Antichità), per il quale contavano gli ideali o almeno le questioni di principio, le alleanze, la parola data, le ripicche, le contrapposizioni tra regnanti, non certo le vite umane, usate – come già si diceva allora cinicamente – come “carne da cannone” e pretesto per potersi sedere poi al tavolo delle trattative di pace. Del resto, nessuna Nazione l'aveva immaginata così lunga e disastrosa: era la prima volta nella Storia.
Ma questo è il senno di poi. Non c’è dubbio che esistevano per ogni Nazione motivazioni ideali, razionali e passionali, che in gran parte la giustificavano. Tant'è vero che intervennero perfino gli Stati Uniti, che non c'entravano niente, a battersi in nostro aiuto, e con organizzazione, entusiasmo e generosità unici.
A maggior ragione “dovevamo” intervenire noi Italiani. Non dimentichiamo che l'Austria, nonostante una machiavellica alleanza recente che durò fino al 1914 (la Triplice), era il nostro “nemico” storico: aveva con pugno di ferro, con violenza ottusa e burocratica, con una inumanità senza pari, tiranneggiato mezza Italia fin dal 1700 per oltre un secolo, impedendo ogni libertà politica e religiosa, incarcerando e uccidendo il fior fiore della nostra gioventù intellettuale. E, anzi, il Risorgimento stesso era nato contro l’Austria, e solo questo obiettivo comune metteva d’accordo liberali di destra, di centro e di sinistra, come diremmo oggi.
L’Austria, quindi, “doveva” pagare: noi avevamo il dente avvelenato. E infatti pagò duramente. Bellissimo e scritto con crudele ironia il passo del Proclama della Vittoria del maresciallo Diaz: "I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza". Anche se alla sua sconfitta l’Italia aveva contribuito solo in parte, l'Austria fu implacabilmente colpita dalla Nemesi storica: ridotta per sempre da Grande Potenza mondiale al rango d'un piccolo Paese d'importanza regionale.
Certo, è normale che gli Italiani fossero divisi anche allora. I disastri di una guerra vasta e “tecnologica” (già i primi carri armati, aerei, cannoni a lunga gittata, perfino i gas tossici...) erano intuibili. Anche i Liberali, destra e sinistra, i grandi protagonisti del Risorgimento, erano divisi al loro interno: alcuni (come Croce e Giolitti) erano neutralisti. Ma, ecco la differenza: una volta deciso l'intervento parteggiarono con dignità e senza riserve per l'Italia.

Non è stupido nazionalismo in ritardo, come si crede ottusamente in Italia oggi, ricordare quella data: è dignità e amor proprio tipici delle grandi Nazioni, i cui cittadini colti e maturi sanno che valgono solo in quanto hanno dietro di sé una Storia (e che Storia abbiamo noi Italiani !) pur con le sue luci ed ombre. Basta vedere con quanto orgoglio Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia ricordano le loro date.
Certo è facile giudicare con gli occhi di oggi. Anche la Grande Guerra, come le guerre degli Ateniesi e degli antichi Romani, va rapportata a quei tempi, a quella mentalità. E' comprensibile per chi non ama la libertà risultare indifferente alle rievocazioni di eventi passati e non battersi mai per nessun ideale, neanche a parole, oggi che in tempi di diffusa liberal-democrazia in Europa e nel Nord-America le armi cerchiamo finalmente di non usarle più. Però dobbiamo essere fieri di noi stessi e della nostra Storia, senza interpretarla con le categorie o gli stereotipi di oggi. Altrimenti, non potremmo neanche studiare e apprezzare la storia di Roma antica, non accettando per un distorto principio “politicamente corretto” la mentalità guerriera degli Antichi (ma allora in questo caso, per coerenza dovremmo vivere nelle caverne della Preistoria).
Solo persone senza dignità si vergognano delle proprie origini, della propria Storia, cioè di se stessi, specialmente quando si tratta di una Storia analoga a tutti i popoli del Mondo, ovvero di comportamenti al loro tempo “universalmente accettati” (diverso, quindi, il caso del Nazismo e del Comunismo sovietico, o di certi crudeli antichi satrapi d’Oriente, che scandalizzarono già i loro contemporanei).
Non per “malvagità”, che è un vizio che non esiste, ma sempre per scarsa intelligenza e quindi poca cultura, si rinnega la propria e l’altrui Storia. Perché anche noi Italiani esistiamo solo se abbiamo l'intelligenza delle nostre origini e delle evoluzioni della nostra Storia. Così scopriamo che non siamo solo i popoli molli, futili, viziati dalle comodità, dal benessere e dall'ozio di oggi; ma che nel nostro passato abbiamo anche sofferto e lottato duramente per mantenerci liberi e vivi. Così, del resto, è nata e si è rafforzata la Civiltà. La libertà, cioè la vita, si conquista e si difende lottando. Il benessere e la libertà di oggi - e non poteva essere altrimenti - ci vengono dalle antiche vittorie dei Romani e anche un poco da quelle più recenti, quando ci sono state Quelle vicende atroci, quelle morti, quelle lotte, come tutto il “brutto” e il “male” che esiste al Mondo, sono in realtà le premesse e le condizioni della vita attuale, ovvero permettono oggi a un giovanissimo indifferente a tutto di stare comodamente in poltrona, magari per giocare con uno smart-phone, dichiarandosi "contro tutte le guerre".