18 aprile 2016

DROGA. In carcere per il solo sospetto: la legge proposta nell’anno del divorzio.

Per inquadrare il periodo storico, siamo all’anno del referendum sul divorzio, il 1974, che vide la grandiosa vittoria laicista contro il clericalismo e le prepotenze della Chiesa. Un’epoca lontana che allora sembrava agli incontentabili illiberale e oppressiva, ma che poi – al contrario – resterà nella nostra memoria nostalgica come l’apice dei “favolosi anni Settanta”, anni in cui si viveva in strada, altro che dietro un computer, e con la prima ragazza che incontravi (e se ne incontravano a centinaia ogni giorno) organizzavi all’istante una lunga vacanza in tenda in un’isoletta sperduta. Che tempi! Anni di rapporti individuali liberi e spontanei, avventure, felicità e libertà, musica libera in piazza, grande socializzazione popolare. La gente era ancora amica e solidale: nelle città ancora non si uavano le porte blindate e le inferriate alle finestre; nei villaggi di giorno le porte delle abitazioni restavano aperte o socchiuse o con la chiave nella toppa. E sul piano politico e sociale anche anni di ritrovata laicità risorgimentale, partecipazione di massa alla cosa pubblica. Pensate: era prima dell’Aids, dell’Adsl, delle immigrazioni di massa... per accennare solo a tre eventi che avrebbero cambiato la nostra vita in modo irreversibile.
      Ebbene, in quell’annus mirabilis che vedrà a maggio la grande vittoria contro il referendum indetto dai clericali per abrogare la legge sul divorzio, a gennaio già i conservatori democristiani del governo Andreotti cercavano di soppiatto di insinuare un progetto di legge repressivo “contro la droga”. Iniziava così il grande dibattito giuridico e politico sull’uso delle droghe, soprattutto “leggere”. Sul prestigioso “Il Mondo”, che era stato fondato da Pannunzio e in quel momento era diretto dallo scrittore Renato Ghiotto, il giovane Nico Valerio, che già dal ginnasio, tra i 14 e 15 anni, aveva maturato una forte scelta liberale, così faceva il punto sulla questione [N.V.]

 LA NUOVA LEGGE SULLA DROGA

 IN CELLA DI SALUTE

Con un colpo di mano improvviso, è stato presentato in commissione al Senato il progetto elaborato dal governo Andreotti: chiunque potrà essere arrestato in base a un semplice sospetto, senza che venga a cadere l'assurda identità di trattamento fra consumatori e spacciatori. Una proposta alternativa dei socialisti 
di Nico Valerio, Il Mondo, 10 gennaio 1974
ROMA. Lo scorso anno, in pieno periodo nata­tizio, anche sotto le pressioni della pubblica opi­nione, governo e parlamento approvarono rapidamente la legge che riconosceva l'obie­zione di coscienza e una « leggina » che consentì la scarcerazione di Pietro Val­preda. A distanza di un an­no, è possibile che venga introdotta, anche questa volta rapidamente, un'altra novità nell'ordinamento legislativo italiano: il « fermo preventi­vo di polizia » fino ad un anno, con cui dovrebbero es­sere colpiti coloro che sono sospettati di far ricorso alla marijuana o all'eroina; e, in aggiunta, pene detentive fino a cinque anni (quindici per i giornalisti) per chi, anche senza avere mai consumato droghe di nessun genere, ha commesso la leggerezza di parlarne o di scriverne, con­tribuendo così a farle conoscere presso il grosso pubbli­co, a favorirne insomma, in­direttamente, la diffusione.
      Riesumato in tutta fretta dal ministro della Sanità, il moroteo Luigi Gui, proprio il giorno successivo all'appel­lo dei parlamentari democri­stiani per una legge esemplare contro la criminalità, il progetto di legge « antidro­ga » Gaspari-Gonella, dopo mesi di ibernazione (era sta­to presentato alle camere nel febbraio scorso) è giunto inaspettatamente sui tavoli delle commissioni Sanità e Giusti­zia del Senato, senza che i commissari ne sapessero nul­la. Lo stesso Gui aveva personalmente sollecitato la presentazione del progetto alle commissioni competenti, do­po avere annunciato il 23 novembre, in un convegno sulle tossicomanie, indetto dal­l'ordine dei medici, che la legge era stata « fatta pro­pria » dal governo senza nes­suna modifica rispetto al vecchio testo approvato nel dicembre scorso dal governo centrista di Giulio Andreotti.

Proteste da ogni parte
« E' stato un vero e pro­prio colpo di mano », sosten­gono ora gli esponenti dei partiti laici. Solo il 26 no­vembre, il giorno prima del­l'inizio della discussione, il senatore Ossicini, indipen­dente di sinistra, riceveva la convocazione; lo stesso senatore Barbera, socialdemocra­tico, relatore della commissione Sanità, non sapeva mol­to di più, e, a differenza del relatore della commissione Giustizia, il democristiano De Carolis, non aveva anco­ra potuto procedere a prepa­rare la relazione introduttiva. « Certo », dice un commissa­rio di un partito di sinistra, « i tempi sono cambiati ri­spetto a un anno fa e gli al­leati laici della DC non vor­ranno assumersi il peso po­litico di una legge che perfi­no il governo centrista aveva lasciato cadere, sotto il peso delle polemiche degli ambien­ti scientifici e giuridici ».
      Fa­cile previsione è che special­mente i socialisti, che già espressero un netto « no » al­la legge sul fermo di polizia, ribadiranno una serie di cri­tiche all'iniziativa. L'« Avan­ti », infatti, ha già trovato modo di protestare, facendo notare che l'intera legge Ga­spari è di una preoccupante genericità e congegnata in modo da consentire alle forze di polizia di « arrestare chiunque » sulla base di un semplice sospetto: « Chiunque accede nei locali previsti dal primo comma (dove, cioè, qualcuno sta consumando droghe, ndr) per darsi all'uso di sostanze stupefacenti... è punito con la reclusione fino ad un anno". Il mandato di cattura è obbligatorio.
      Non è ipotesi che riguardi necessariamente "hippies" o sbandati. Gli stessi articoli 16, 17 e 18 della Costituzio­ne, sul diritto di riunione, sarebbero forse sostanzialmen­te elusi. Un'altra norma, nel punire, al di là della palese detenzione di stupefacenti, addirittura il « sospetto d'u­so », affida l'accusa alla no­torietà e alla « vox populi ».
      Sono in molti ad essere convinti che il recupero del­la proposta potrebbe facilita­re un tentativo di reinsedia­mento dei settori più oltran­zisti della destra della DC. E' quello che ritengono i so­cialisti. L'onorevole Claudio Signorile, della direzione del PSI, membro della commis­sione Sanità della Camera, mostra di credere ad un pre­ciso disegno che, attraverso un'ondata « moralizzatrice » nei costumi e nella vita pri­vata dei cittadini, dovrebbe consentire alla destra democristiana e ai gruppi d'opi­nione collegati di riguadagna­re quello che hanno perduto o si preparano a perdere sul piano politico. Un tentativo di rivalsa insomma contro il quale « occorre vigilare, spe­cie in parlamento ». Per que­sto, il PSI si prepara a pre­sentare sugli stupefacenti una proposta di legge alternativa, firmata dallo stesso Signorile e da Colucci. La proposta, da un lato, dovrebbe colpire molto più duramente di quan­to non faccia la proposta Ga­spari gli spacciatori e i grossi trafficanti, mentre, dall'altro, dovrebbe facilitare la cura degli intossicati, senza repres­sioni, riconducendo il feno­meno alla sua dimensione sanitaria e sociale.
      Anche sul piano medico­-sanitario, infatti, il progetto Gaspari appare a molti inadeguato, perpetuando in so­stanza i vecchi errori della legislazione attuale. « Cosa possiamo attenderci », do­manda con tono polemico l'avvocato penalista Franco De Cataldo, repubblicano, « da un testo che è opera di funzionari e direttori generali di ministeri e non di scien­ziati e giuristi di chiara fa­ma? ». Anche Augusto Pre­moli, presidente liberale del­la commissione Sanità del se­nato, che pure ha, al riguar­do, un atteggiamento possibi­lista, riconosce che « per cer­ti aspetti la legge è frutto di una mentalità vecchia, sor­passata, e poi rischia di arri­vare in ritardo sui tempi ».
      Gli esperti, medici specia­listi e psichiatri, sono ancora meno teneri e fanno notare che nel testo si fa confusione tra droghe « pesanti », che causano danni gravi e irrepa­rabili all'intero complesso psico-fisico e generano assue­fazione, e droghe « leggere », che non portano a questo « punto di non ritorno ». Vengono inoltre lasciati fuori dal novero delle sostanze proibite non solo alcool e ni­cotina (le « droghe di stato » ben più pericolose ad esempio della marijuana, come ha concluso la commissione go­vernativa Schaeffer negli Usa, dopo anni di sperimentazioni condotte senza risparmio di mezzi, e come ha confermato lo scienziato Adriano Buzzati­-Traverso, vicepresidente del­l'Unesco), ma anche i perico­losi tranquillanti e antide­pressívi lanciati sul mercato dalle nostre 1140 case farma­ceutiche in forme di vero e proprio « consumo indotto».

Non c’è tempo da perdere
      Per un'efficace terapia man­cano poi, a tutt'oggi, i pre­visti « centri di assistenza ». Ma quello che più colpisce è che, malgrado le risoluzioni di decine di congressi, ultimo quello organizzato dal­l'Unesco a Parigi nel settem­bre scorso, abbiano invitato il legislatore italiano ad una netta differenziazione tra traf­ficanti e consumatori, il progetto Gaspari commina la stessa pena a « chiunque sen­za autorizzazione produce, fabbrica, estrae, offre, pone in vendita, distribuisce, acquista, cede e riceve... o illegalmente detiene sostanze stu­pefacenti ». Tutto vanificato, dunque: r nuovo a punto di partenza. Il grosso traffi­cante, la mafia italo-america­na, e il consumatore occasio­nale, necessariamente deten­tore, accomunati da una nor­ma davvero pericolosa ed equivoca. Una denuncia al proposito, è venuta anche da una lunga corrispondenza da Roma del « Times » di Lon­dra.
      Tralasciando le pene per « responsabilità oggettiva » a carico di padroni di casa, di­rettori di locali pubblici e re­sponsabili di comunità (se un liceale « fuma » nella toilette va in prigione il preside), sor­volando sull'inumana disin­tossicazione coatta cui deb­bono sottostare anche coloro che intossicati non sono, se vogliono evitare il carcere, si arriva all'articolo in cui vie­ne previsto l'obbligo, per i medici curanti, di denunciare all'autorità tutti i casi a loro conoscenza. « Non è certo trasformando il medico in poliziotto », dice il professor Luigi Cancrini, dell'istituto di psichiatria dell'Università di Roma, uno dei portaban­diera della campagna contro il progetto, « che si può por­tare a buon fine l'opera di recupero di tanti giovani di­sadattati al loro primo con­tatto con gli stupefacenti. Al contrario, diminuirà il nume­ro di coloro che si rivolgono al medico e la situazione di forzata clandestinità avrà con­seguenze gravissime sul pia­no sanitario e sociale ».
      Contrari a questa legge so­no anche i comunisti. Il se­natore Argiroffi, membro co­munista della commissione Sanità, è esplicito nel condan­nare le motivazioni politiche del progetto: « Il tentativo di strumentalizzare un proble­ma così scottante, gonfiando magari le cifre delle rileva­zioni statistiche, nasconde da una parte la volontà di farne argomento di propaganda po­litica, giocando pericolosa­mente all'allarmismo tra i ce­ti più paurosi delle "maggio­ranze silenziose", e, dall'al­tra, vale forse a esorcizzare il nuovo démone della droga, come nel medioevo si faceva con le streghe e gli ereticì ». « Per moralizzare questo settore del nostro ordinamen­to », aggiunge Argiroffì, « il gruppo al quale appartengo si sta adoperando perché ven­ga ratificata anche dall'Italia, al più presto e preliminarmente alla discussione di qualsiasi progetto di legge sulle droghe, la convenzione unica sugli stupefacenti firmata a New York il 30 mar­zo 1961, ora finalmente giun­ta all'ordine del giorno dei lavori della commissione. Ma, restando al progetto in esa­me, deve essere denunciato il suo carattere autoritario, qua­si che si volesse diffondere l'uso della delazione nelle scuole e in altri, ambienti do­ve esiste una massiccia pre­senza di giovani ».
      Parole simili, tutto somma­to, a quelle che si potevano leggere su Liberazione, il gior­nale radicale di Marco Pan­nella: « Ci troviamo forse di fronte ad una campagna di moralizzazione di stampo cle­ricale nella quale vengono coinvolti drogati e rapinato­ri, delinquenti e non, da pre­sentare all'opinione pubblica all'insegna del motto "salvia­mo i nostri figli" come re­sponsabili di una presunta crisi morale del nostro pae­se? E non viene il fermo di droga riproposto oggi, quando, a due mesi dalla riapertura delle scuole, gli studenti danno di nuovo segno di at­tività politica?».
      Per gli oppositori, insom­ma, non c'è tempo da perde­re. Esiste il pericolo che si finisca per considerare « dro­gato » ogni cittadino scomo­do. Quello che preoccupa è il clima, si dice. Un progetto può anche non essere appro­vato, non per questo chi l'ha sottoscritto è meno libero dl colpire nuovamente, anche a distanza di poco tempo. Del resto, se la legge è arrivata in commissione, con tanti progetti più importanti che attendono da tempo, è segno che verrà rapidamente esami­nata. Il relatore senatore De Carolis è stato chiaro: a suo parere i lavori procederanno « a ritmo sostenuto ». (N.V)

AGGIORNATO IL 14 AGOSTO 2016