FERRAGOSTO festa né cristiana né chic ma contadina, dopo duri lavori nei campi
E poi che c'entra la Chiesa, che come al solito ha approfittato cinicamente di ogni festività pagana per impossessarsi facilmente di masse di fedeli abitudinari, e quindi ha rubato anche questa festa, facendo coincidere il ferragosto pagano che si teneva ai primi di agosto con l'Assunzione della Madonna del 15 del mese?
E allora diamo la parola al solo legittimato ad augurare "buon ferragosto" a qualcuno con cognizione di causa, il "cittadino romano medio". Chiamiamolo Marco Terenzio Patercolo, e facciamolo nascere, che so, a Tusculum venti secoli fa. Di professione vignaiolo, olivicultore, apicultore e piccolo proprietario agricolo, insomma un coltivatore diretto. E, com’era tipico di quella evoluta società, dove quasi non esisteva analfabetismo totale, Marco Terenzio era non solo alfabetizzato, ma sufficientemente informato e in grado di pensare, e ben dotato di personalià, un po' come Catone il Vecchio, a differenza delle successive masse becere contadine volute e rese per secoli ignoranti, molli e ottuse dal Cristianesimo, religione dichiarata "dei semplici di spirito". Ebbene, M.T. Patercolo in una riunione con la numerosa famiglia e i vicini alla vigilia delle Feriae Augusti deve aver indirizzato a parenti, amici e compaesani: più o meno questo discorsetto di rito, che con poche varianti si ripeteva anno dopo anno:
«È andato bene il raccolto, amici? Quanto grano avete ricavato quest’anno? E la vigna come sta? Sono sani e forti gli olmi ai quali sono appesi i grappoli?
E i porci? Parlatemi dei porci: hanno avuto quest’anno ghiande a sufficienza? Quante troie gravide avete contato?
Qui da noi, dall’altro lato della collina, la siccità ha ridotto il bosco, e soprattutto i frutti succosi, anche quelli che si conservano per l’inverno. Già, l’inverno: i nostri nonni dicevano che domani comincia l’inverno. Eppure siamo al culmine dell’estate.
Ma se Fortuna vuole e Cerere è contenta, ormai abbiamo finito i lavori. Domani le donne prepareranno il più grande pranzo sull’aia che si sia mai visto al mondo.
Dieci muli ci vorranno per portare cibo e bevande per centocinquanta lavoranti, giovani e vecchi, uomini, donne e bambini.
Tanta è la fame e tanta la voglia di divertirsi: mangeremo tutto il giorno, e pure la notte.
E si ballerà, come sapete, si canterà, ci saranno giochi e scherzi. E, inutile nasconderlo, si sa come vanno queste cose: nasceranno nuovi amori, e l’anno prossimo figli, tanti figli. Ne abbiamo bisogno.
Ma intanto, domani godiamoci la festa, la Festa di Augusto».
Così avrebbe parlato l'ottimo pater familias e agricoltore romano M.T. Patercolo, se fosse esistito, alla vigilia della grande Festa dell'Estate dedicata ad Augusto, tanto da dare il nome insieme al Ferragosto (Feriae Augusti) e a quello che per noi moderni è l'ottavo mese dell'anno (agosto). Lui sì, poteva capire questa festa e goderla appieno, insieme con la sua gente. Ma gli altri, sia suoi che nostri contemporanei?
«Gli altri, gli azzeccagarbugli, gli scritturali, i politicanti per interesse, quelli senza arte né parte, i maneggioni ben vestiti che oziano nel Foro alla ricerca di affari loschi alle spalle degli altri e senza lavorare, i grassi liberti arricchiti che si fingono intellettuali, e tutti i mangiatori a sbafo che vivono tutta la vita tra quattro mura, e anche quei furbi fanatici Cristiani che hanno messo il loro cappello untuoso sulla nostra festa, che cosa possono capire, che cosa c'entrano con la Feriae Augusti? E come si permettono di augurarci "buone ferie", loro che in ferie ci sono sempre e senza produrre nulla?».
AGGIORNATO IL 14 AGOSTO 2021
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